28/06/11

A man/ A song : I.
I've seen that face before - Grace Jones



Riaprendo questo blog, cerco di capire come questa nuova fase abbia avuto inizio. Leggendo le date dei post capisco che qualcosa si è fermato, forse si è rimesso in movimento, comunque è cambiato quando nella mia vita è entrato, ri-entrato qualcuno. Meno di due anni insieme per ritrovarmi di nuovo solo, sempre più forte, sempre più segnato e, spero, consapevole. Magliette e calzini non miei raccolgono polvere nel mio armadio come un monito, un promemoria doloroso di un'intimità perduta. Nessun rimorso solo l'atavico dubbio di non aver saputo vedere e nell'ipotesi peggiore, di non aver fatto tesoro di nulla e di essersi lasciati vivere e scivolare addosso l'ennesimo corpo e le troppe parole. Voglio usare questo quadernino online per fermare almeno il "suono", degli incontri che ho cercato, su cui sono inciampato per una notte, per un 'ora, o anche solo il tempo di un orgasmo anche se solo per illudermi che di inutile in questa altalena non c'è davvero nulla.

I.

So quello che mi ha dato e lasciato e non è poco ma questa ricerca troppo spesso sembra vana e avvicinarmi DAVVERO a qualcuno dopo questi ultimi mesi mi sembra quasi INNATURALE.
E forse la sua vera eredità è proprio questa. Quando l'attrazione ti getta tra le braccia di qualcuno abbaglia. Rende opache tutte quelle ragioni per cui dovresti scappare. Avere bene in testa quello chi si è e quel che si vuole non ci rende cinici ma solo più capaci di amare

Perché è chi non si conosce che fa davvero danni soprattutto a sé stesso.

Ho adorato dal primo istante baciare I. , toccarlo. Il suo corpo è stato fin da subito un terreno nel quale mi sarei sepolto volentieri, averlo dentro..un'estasi (scoperta con lui) per la quale avrei potuto uccidere. Il mio corpo si è aperto con lui, nonostante una malattia che minacciava ogni rapporto. Non ho voluto cedere al pregiudizio di un male da cui in troppi scappano per ignoranza, convinto in fondo anche che il dolore di una malattia, una volta affrontati avessero forgiato sì una corazza ma anche una sensibilità e un atteggiamento che, simili ai miei, avrebbero conquistato il mondo e costituito una forza per me e insieme a me.
Mi sbagliavo, I. il dolore lo ha affrontato nel modo forse più distante da me possibile. Gli ha dato un nome, un posto, un cassetto. Il suo vaso di Pandora è sigillato e non si tocca, non si nomina. Io non sono così. Non ci sono mai riuscito e nello stupido tentativo di portarlo da me, di stuprarlo con la mia visione e il mio bisogno che diventasse un po' più come me, l' ho allontanato sempre di più. Fino alla rottura. Lui non poteva diventare me né voleva, io non potevo ignorare il mio bisogno di confronto, volevo troppo, pretendevo che con me si aprisse, mi mostrasse le sue armi spuntate, le sue fragilità. Sì perché anche se la sua solidità e durezza mi hanno aiutato a tornare a vivere, lavorare e muovere nel mondo.. io a casa voglio un nido caldo e piccolo dove si sta nudi senza paura... ma se mi spoglio io, ho bisogno che ti spogli anche tu.

Non si può pretendere nulla da nessuno ma si può cercarlo altrove. Sto ancora cercando. Resta che di I. mi mancano come l'aria quei momenti in cui il ghiaccio si scioglieva: il sesso prima dopo durante, una risata inaspettata, le lacrime di una disperazione inaggredibile e l'amore che sapeva dimostrare con la presenza, con i migliaia di km macinati per un bacio o solo perché sentiva che avevo bisogni di lui. Non riesco ancora a non pensarti ogni giorno.