30/01/09

Ciao Ste'

"E' morto Stefano". Bastano tre parole per chiudere una vita? No, non bastano.
Quando arrivano notizie come questa senti l'impulso di fare o dire qualcosa di eclatante, di forte, di rispondere con un gesto che possa eguagliare o cercare di esprimere l'intensità e la violenza di una tragedia come questa. E invece è silenzio. La morte arriva in silenzio. In silenzio si muore a 40 anni strappati via da un tumore al colon scoperto per caso. Si muore anche se non si è mai persa la speranza, l'ottimismo di farcela. Non è giusto e non è giusto il silenzio. Per la prima volta colgo il senso di quelle sceneggiate che in Sicilia e al Sud in genere vanno avanti per ore alla morte di una persona cara. Quel pianto straziante, al punto di sembrare forzato, cerca solo di dare voce all'inspiegabile, al mistero di una fine che spesso arriva troppo presto. Il pianto è l'unica risposta possibile e più è forte, più forse mette a tacere quel fiume di domande destinate a non avere risposta che in questi momenti ci affollano la mente.

Stefano era il compagno di un mio caro amico e io non ero tra i suoi migliori amici. Di amici veri, cari ne aveva alcuni, pochi, giusti. Di quelli che si muovevano a casa sua come fosse anche loro. Io non ero lì a piangerlo quando ha chiuso gli occhi ma Stefano mi piaceva. Stefano era una persona che mi piaceva molto. Sono certo che anche io gli piacevo, me lo ha dimostrato quando ha potuto e quando ha capito che avevo bisogno di sentirmelo dire.

Stefano era indipendente, bello, bassino ma con un fisico da fare invidia a molti ventenni, un ottimo cuoco, un ragazzo capace di organizzare una cena perfetta per 20 persone in 2 ore, un salutista, un trascinatore, un casalingo perfetto e affatto disperato. Era fiero della sua bellissima casa e delle sue cose, fiero di essersele sudate tutte facendo avanti e indietro dai migliaia di aeroporti sparsi per il globo nella sua divisa da steward, fiero della sua padronanza delle lingue e di poter dire di aver visto mezzo pianeta. Amava il sesso, i bei ragazzi, raccontare le sue avventure, mostrarti e farti assaggiare i suoi piatti, cucire e tappezzare divani, chattare per rimorchiare e giocare e, nonostante una vita passata a farlo, adorava viaggiare.

Sicuramente Stefano era anche altre tante cose che io non sapevo ma ricordo una volta che venne da me a fare il sushi perché me lo aveva promesso. In mezza mattinata mise in piedi un set di rolls e nighiri degni di Hamasei. Lui era così. Dopo aver volato magari per scali lunghissimi era capace di ospitare una cena per 12 persone di 4 portate e con tanto di tavola imbandita, perché se c'era un'altra cosa che amava molto era circondarsi di gente, di amici. Io lo prendevo in giro per questo: "Vecchia Matrona, basta co ste cene da vecchi" lo sfottevo. "Maleducato, non ti invito più" mi rispondeva. Era il nostro piccolo rituale.

Ma in questo ultimo anno e mezzo Stefano ci ha mostrato molto altro. Non voglio scrivere che è stato forte e coraggioso perché quando si sta male è difficile dare il giusto peso a queste due qualità e io lo so bene. Come se poi avere paura quando si rischia la vita fosse una debolezza alla quale non cedere.

No, non è la forza che mi ha colpito di lui ma la fiducia incrollabile. Stefano non ha mai smesso di avere fiducia, di avere speranza, di credere che le terapie alle quali lo hanno sottoposto fossero quelle giuste. Era più che speranza era convinzione inossidabile. "Ne uscirò, lo so" parole talmente ferme da far crollare il minimo dubbio sulla riuscita. Stefano sapeva che col primo intervento gli avevano salvato la vita e questa certezza mista a gratitudine lo aveva definitivamente convinto che la via da seguire era quella maestra: la chemio, la radio. Era un pragmatico e uno scettico. Non voleva sentir nemmeno parlare di medicina alternativa, di metodo di Bella, di guaritori. Non esistevano alternative alla sua scelta.

Io gli sono stato vicino solo all'inizio di questo inferno. Il mio era appena cominciato e ci siamo fatti forza a vicenda. Più spesso lui a me. Poi la mia malattia si è fatta più faticosa da gestire e ho allontanato tutti, anche lui. Ma Stefano è stato il primo e forse l'unico tra i miei amici a capire le ragioni profonde di questa mia esigenza e le rispettava. "Devi pensare a te stesso, gestisci la tua malattia come ritieni più giusto" mi disse l'ultima volta al telefono. Gli sarò sempre grato per questo.

Da allora solo qualche notizia riportata da amici comuni: "Stefano sta meglio", "Stefano sta di nuovo male" "Stefano sta molto male, è tornato in ospedale" "Stefano sta un po' meglio, ora è a casa". La verità è che dopo il clamore di una diagnosi quando un male dura mesi, anni gli altri si abituano alla tua condizione e la normalizzano anche se non ci sono miglioramenti. E' troppo faticoso pensare che un amico, un fratello, chiunque stia lottando ogni cazzo di giorno con un mostro imbattibile e allora il tempo guarisce anche se non lo fa.. E' capitato a me e intorno a me.

Ho pensato sempre a Stefano in questi mesi e una parte di me si era voluta convincere che stesse meglio e che davvero, come lui stesso ripeteva, sarebbe andato tutto bene. Era solo questione di tempo. Invece si perde, non si guarisce e si muore giovani. Meglio metterlo in conto. Al funerale Alberto mi ha raccontato del dolore anestetizzato dalla morfina degli ultimi giorni e questo mi ha fatto male. Tutti meritano di andarsene sereni. Spero non abbia sentito niente davvero.

Odio il fatto che quel cazzo di prete abbia ricordato tra i tuoi cari, i tuoi genitori, i fratelli, i cugini E NON Massimiliano, il tuo compagno , la persona che ha condiviso tutto con te in questi ultimi anni e che ti ha accompagnato con affetto e dedizione fino alla fine. C'era da aspettarselo in una Chiesa ma non potevamo farla passare e dopo la funzione abbiamo messo alle strette il sacerdote che si è sentito una merda.

Ma In Chiesa c'erano centinaia di persone e ho visto tante lacrime. Ed è bello sapere che se pure non si mettono al mondo sedici figli e non si fa parte di una "famiglia legittima" si è circondati d'amore lo stesso.

Ti volevamo bene Stè.
Ti amavamo.

Portatelo con te questo amore se puoi
e fai buon viaggio.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

E' così.. triste, e ingiusto, e.. e anche crudele, spietato, forse.

Mi spiace, mi spiace sempre, quand'è così, quando se ne va chi dovrebbe restare, ancora giovanee forte e bello, chi è ancora capace di vivere e di sorridere, chi può, in qualche modo, fare del bene, essere il bene, per qualcun altro.

Un abbraccio,
a te, a Stefano.

a.

Solo4me ha detto...

Grazie a.